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Estate indiana in New England

16 Gen
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Fallen Foliage @Mirko Sciachero

Segnatevi queste parole chiave: Approximate foliage timetables. Ovvero, l’orario del cambio di colore delle foglie in autunno. Approssimativo, si intende. Nel New England esiste anche questo, un calcolo del periodo in cui le foglie sugli alberi cambiano colore, che varia da zona a zona all’interno della forbice di tempo compresa tra settembre e fine ottobre. Periodo in cui questa zona a nord est degli Stati Uniti, affollata fino a fine agosto dai turisti che si accalcano nelle zone di mare signorili a poca distanza da New York e Boston, si fa via via più vivibile e soprattutto si colora delle tipiche tinte dell’Estate Indiana.

Autunno

Autunno @Mirko Sciachero

Il Fall foliage, il fogliame giallo e rosso che si vede solo nella stagione autunnale, da queste parti è un’attrazione turistica più che i monumenti. E chi può permettersi il lusso di ritagliarsi una o due settimane di vacanza a ottobre, può decidere a occhi chiusi di prendere un aereo per Boston o New York, affittare una macchina e lasciarsi trasportare tra le dolci colline del Berkshire, a 200 chilometri da Boston. Tanto più che, durante la stagione dell’estate indiana, che si diffonde da ovest a est, è disponibile persino una linea telefonica gratuita, la Foliage Phone che, insieme alle previsioni meteo, fornisce informazioni circa il cambiamento di colore e i luoghi di maggiore bellezza da andare a visitare.

Allora prenotate subito l’auto, per evitare di rimanere a piedi, e prenotate gli alberghi se decidete di spostarvi soprattutto durante i fine settimana, perché anche se non siamo in alta stagione, l’affluenza di visitatori aumenta di anno in anno.

Tra le colline del Berkshire

In questo itinerario, che evita di proposito le località costiere più famose ma anche più in autentiche intonro a Cape Cod, si parte da Boston e si ritorno dopo un tour che può durare una o due settimane. Per iniziare bene, dall’aeroporto è bello raggiungere la città con il Water Shuttle: Boston e Venezia sono infatti le uniche due città al mondo che godono di un sistema di trasferimento via acqua dall’aeroporto al centro città. In soli 10 minuti, approderete nel porto, sentendovi novelli Padri Pellegrini…

Boston è conosciuta come la città americana “che si visita a piedi”. Dai negozi ai ristoranti tipici, dalle attrazioni storiche ai musei culturali, dalla Back Bay a Beacon Hill, da Newbury Street al North End, il quartiere più antico, anche conosciuto come “Little Italy” di Boston, la città è tutta a portata di mano. In città due o tre giorni sono sufficienti per respirarne l’atmosfera, dopo di che si può partire verso ovest, allontanandosi dalla costa e attraversando la regione situata nel bacino del grande Connecticut River, lungo le valli dove si insediarono i pionieri, i primi coloni giunti dalla vecchia Europa.

Pubblicato su Autocar di ottobre 2010

Val la pena di sostare per una tappa a Worcester, a circa 60 km da Boston, per ammirare il Worcester Art Museum (www.worcesterart.org), uno dei principali musei d’arte americani che possiede un’importante collezione di maestri italiani e olandesi. Chi fosse interessato alla storia e all’etnologia, vada all’Old Sturbridge Village (www.osv.org) nell’entroterra: un museo vivente all’aria aperta in cui si vedono le attività quotidiane e tradizionali del paese, da ammirare o a cui prendere parte. E poi case antiche, la tipica chiesetta bianca con il campanile a punta, le botteghe artigiane del cardatore della lana o del fabbro, ponti coperti, stalle e fattorie, tutti originali, che formano questo villaggio-museo. Gli abitanti del borgo in questa stagione sono molto impegnati, perché viene effettuato il raccolto e vengono accumulate le riserve di cibo per l’inverno. Si pernotta nel villaggio, in dimore storiche, assai preferibili agli hotel delle grandi catene di Worcester.

Verso Springlfield

Il viaggio prosegue la mattina successiva, verso Springfield, nota soprattutto a chi vede i Simpson (ma di Springlfield negli Usa ne esistono decine…) e a chi ama la pallacanestro: la città ne è la patria e ha una Hall of Fame che fa impazzire gli amanti di questo sport. A nord della città, eccoci nella Pioneer Valley, dove si trova anche il bacino idrico più grande del Massachusetts, il Quabbin Reservoir, paradiso di pescatori e appassionati di attività sportive in acqua. Qui fate un pit stop nella piccolissima cittadina di Deerfield, per un tuffo nella storia americana: nell’Historic Deerfield, che conta 11 case d’epoca che sembrano uscite da un libro antico illustrato, sono conservati oltre 20mila pezzi originali del periodo tra il 1650 e il 1850, tra mobili, suppellettili, stoviglie, tessuti, quadri, vetri e argenteria.

Tutto intorno, il caratteristico paesaggio di campagna, con campi, prati e laghi, sarà un colpo d’occhio sull’Estate indiana che non saprete dimenticare, soprattutto se si sa cavalcare e si vuole fare una galoppata nelle zone circostanti, scenario del film Piccole Donne con Sudan Sarandon e Wynona Rider. Nel vicino Deerfield River è possibile pescare e praticare rafting e, una volta terminate le attività ludiche, ci si può buttare sulle bancarelle delle fattorie che offrono prodotti tipici freschi, tra i quali spicca il sidro di mele, specialità locale. Si pernotta a Deerfield.

Abbandonando la Pioneer Valley e recandosi verso Ovest, si arriva finalmente nelle idilliache colline del Berkshire, culla e idillio di poeti, scrittori e artisti. A Nord-est si snoda il Mohawk Trail, un sentiero indiano originale lungo quasi 100 km (State Route 2, da Orange fino a Williamstown), incluso nelle 50 strade più panoramiche degli USA secondo il National Geographic Traveler. Qui si trovano piccoli villaggi, ponti coperti, laghi balneabili (ma un po’ freddi in autunno) e torrenti di montagna. Nel villaggio di Charlemont si vede la statua indiana commemorativa Hail to the Sunrise, il Saluto al Sole che Sorge.

Cime tempestose

E se si fosse patiti delle vedute panoramiche spettacolari, rotta verso l’unica vetta del Massachusetts, il Monte Greylock (1.047 m), il punto più elevato dello Stato. Vi si arriva imboccando la North Road. Per poi fare ritorno alla meta di questo viaggio, le colline del Berkshire, dove si rifugiano gli stressati abitanti delle città che in questa tranquilla regione trovano bellezza paesaggistica e arte raffinata, oltre al gusto della vecchia aristocrazia americana che dalla fine dell’800 ha lasciato grandiosi cottage di vacanza, seconda o terza residenza con ampi parchi e giardini (per esempio l’ex Belfontaine Cottage, oggi Canyon Ranch Resort, una Spa a cinque stelle).

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Foglie autunnali @Mirko Sciachero

Tre di questi cottage sono stati trasformati in musei aperti al pubblico: The Mount, ovvero la casa di Edith Wharton, scrittrice e prima donna vincitrice del Premio Pulitzer; Chesterwood, casa e studio dello scultore Daniel Chester French, tra le cui opere si ricorda la celeberrima statua di Lincoln seduto a Washington DC. Oppure il Naumkeag Cottage & Gardens, costruito da un ex ambasciatore statunitense e affacciato su incantevoli prati. Altri villaggi che rappresentano bene il fascino del New England sono Lenox, Stockbridge e Williamstown, ognuno con la splendente chiesetta bianca, vecchie case coloniali, locande tradizionali e numerosi negozi d’antiquariato, altro punto di merito di questa zona degli Stati Uniti.

Da bambini avete amato il romanzo Moby Dick? Dirigetevi a Pittsfield, per visitare la casa di Herman Melville, dove è stato scritto. Vi affascinano usi e costumi delle comunità religiose? Puntate sull’Hancock Shaker Village, ora museo ma un tempo culla degli Shaker, una setta il cui stile di vita austero si riflette nelle belle e pulite forme del loro mobilio e degli oggetti che tanto hanno forgiato la storia del design e dell’architettura, oggi ricercatissimi.

Cuore artistico? A Williamstown si trova lo Sterling and Francine Clark Art Museum, che espone una straordinaria collezione privata di 35 tele di Renoir, la maggiore dopo Parigi. Se invece siete qui solo per studiare le foglie in ogni loro minima nervatura e sfumatura, allora non perdete l’Appalachian Trail, il percorso che attraversa tutta questa regione dagli incantevoli paesaggi, per diventare veri leafpeeper. Si pernotta negli Inn di Williamstown e Lenox. E se ancora non siete soddisfatti, approfittatene per includere nel vostro tragitto una tappa misteriosa: a Salem, cittadina che organizza una delle più belle feste di Halloween al mondo, il Fall foliage va dal 13 ottobre fino al 31, la notte delle streghe. Quale meta migliore per terminare il tour del New England?

Articolo scritto da: Samuela Urbini
Per vedere l’articolo sull’Indian Summer in New England, pubblicato su Autocar di ottobre 2010: New England

In Australia, lungo la Great Ocean Road

16 Gen

Da Melbourne ad Adelaide, alla scoperta del fascino discreto dell’Australia del Sud

pubblicato su Autocar di marzo 2010

Il Campionato di Formula 1 inizia con il Gran Prix d’Australia che si corre a Melbourne il 28 marzo. Il 3 marzo scorso è anche uscito uno dei film di cui si parlerà di più in questo periodo, Alice in Wonderland di Tim Burton, che ha come protagonista proprio l’esordiente Mia Wasikowska, Australiana doc. È forse troppo tardi per prenotare un volo e organizzarsi un viaggio nella terra dei canguri per vedere il GP, ma nel caso in cui le immagini dei dintorni del tracciato vi facessero venire un’incontrollabile voglia di partire, sappiate che questo è il momento giusto per organizzare un tour in questo Paese dove ciascuno può trovare il suo stile di viaggio, grazie alla varietà dei suoi panorami e del suo clima a seconda della regione che si visita. Oltre agli infiniti viaggi naturalistici e culturali che i maggiori tour operator propongono, infatti, l’Australia è anche ricca di stimoli per chi insegue le quattro ruote, più che i canguri. E proprio il territorio intorno a Melbourne e ad Adelaide, che si trova più a ovest nello stato del Southern Australia, e il più ricco di eventi legati all’automobile, oltre a essere attraversato dalla Great Ocean Road, una delle strade più panoramiche del mondo.

Da Melbourne al point break di Torquay

Il viaggio può partire proprio da Melbourne, la seconda città australiana dopo Sydney, capitale dello stato di Victoria e dall’aria molto europea, con i suoi viali alberati percorsi dai tram, gli ampi parchi e il fiume Yarra che la attraversa. A proposito dei tram, occhio alla Hook turn, regola stradale tutta melbournese: in gran parte della città per svoltare a destra a un semaforo dovrete accostarvi a sinistra per non intralciare le rotaie dei mezzi pubblici e attendere che venga verde nella strada in cui volete immettervi per completare la svolta. Meglio non dimenticarlo, ma è segnalato con cartelli che recitano “right turn from left only”. Qui lasciatevi deliziare dall’aroma di un caffè in uno dei vicoli in stile gotico europeo, o provate un tè in un hotel del XIX secolo, di sabato perdetevi tra le bancarelle del Queen Victoria Market, animato dagli artisti di strada. Per mangiare, scegliete uno dei ristoranti o dei bistrò del SouthBank, o di Federation Square, dall’altro lato del fiume Yarra. Risalite quindi in macchina per intraprendere questo spettacolare viaggio sulla Great Ocean Road, circa 243 chilometri serpeggianti tra Torquay, il paradiso dei surfisti, resa famosa dal film Point Break con Keanu Reeves, e Warrnambool.

Prima però chi ha la passione per il vino può fare un piccolo fuoriprogramma nella Bellarine Peninsula, vicino a Geelong, zona specializzata nella produzione di Chardonnay, Pinot Nero e Shiraz, un vitigno pregiato coltivato soprattutto nella Valle del Rodano e proprio qui, in Australia. Da provare con il Bellarine Taste Trail, un percorso di degustazione dei prodotti tipici locali, non solo vino ma anche olio e cioccolata, nelle tenute della zona. Per esempio al McGlashans Wallington Estate, dove si degustano i vini di Russell and Jan McGlashan mentre si dà un’occhiata all’esposizione di auto d’epoca. Oppure all’Oakdene, vigneto e ristorante realizzati in una struttura del 1920 completamente rinnovata con possibilità di alloggio in camere eclettiche (da 220 $ a notte).

Imboccate la Great Ocean Road

Anche Melbourne è una città ricca di acqua, del fiume e della baia su cui si affaccia. Però quando si arriva a vedere l’oceano, a Torquay, la sensazione cambia decisamente. Per prima cosa, tirate giù il finestrino e riempitevi i polmoni del profumo di bush e spiaggia, eucalipti e acqua di mare. Ora siete pronti per la vostra corsa sulla Great Ocean Road. Senza esagerare: i limiti sono di 100 km/h fuori dai centri abitati, ma per godervi la vista rallentate un po’. Dopo Anglesea arriverete a Lorne, con i suoi numerosi baretti e negozi di questa popolare località di villeggiatura immersa nel verde di un grande parco nazionale dove potete, con po’ di fortuna, avvistare anche dei koala. Avvistamenti quasi garantiti se proseguite per Kennet River e prendete una strada secondaria che si chiama Grey River Road.

Proseguite lungo la strada panoramica lasciandovi incantare dalle frastagliate scogliere che si immergono nell’oceano fino ad Apollo Bay, un tempo città di pescatori, oggi più turistica, ma comodo punto di appoggio per esplorare la foresta pluviale del Great Otway National Park, con le sue caratteristiche cascate. Rivolgetevi alle cooperative di pescatori per mangiare del pesce freschissimo, questo è il luogo giusto.

12 Apostoli_Australia - @Artorusrex

Se volete esagerare con l’avventura, provate una delle escursioni di Otway Expeditions (tel 0061 3 52376341) con fuoristrada o anfibi a 8 ruote Argo. Se prendete la deviazione verso l’oceano arrivate al faro di Capo Otway, che ha più di 150 anni ed è il più antico dell’Australia. Siete ora pronti per la zona più spettacolare di tutto il percorso. Superata Princeton, alte scogliere di pietra calcarea dominano il mare tumultuoso su cui si sono infranti moltissime navi e velieri, si dice almeno 700 nel corso della storia. E all’improvviso, ecco i Dodici Apostoli: altissimi picchi di roccia (in realtà se ne possono vedere solo sei) che si sono creati per effetto dell’erosione del mare burrascoso di queste zone. Arriverete così alla città di Warrnambool, dove formalmente si conclude la Great Ocean road e dove, a Logan’s Beach, si possono osservare le balene tra giugno e settembre. Una sosta a Tower Hill, un cratere di un vulcano estinto che ora protegge varie specie di fauna, prima di arrivare a Port Fairy per un viaggio a ritroso nel tempo, esplorando i candidi cottage imbiancati con la calce, i negozi d’altri tempi e i piccoli pub. Per una sosta culinaria: Portofino on Bank, a metà tra la cucina modern Australian e mediterranea, uno dei migliori ristoranti del Victoria occidentale. Una nota curiosa: qui si può ammirare la più grande colonia di foche da pelliccia dell’Australia, e osservare da vicino i delfini, le balene e gli squali da una barca.

Ora che avete fatto il pieno di panorami marini, potete addentrarvi un po’ nell’entroterra, verso il Parco nazionale dei Grampians, tra Melbourne e Adelaide, ricco oltre che di flora e fauna incredibili, anche di pitture rupestri aborigene. Godetevi la guida fino ad Adelaide attraverso Horsham, Bordertown e fate una sosta per tentare l’avvistamento di un canguro nel Mt Rescue Conservation Park. Per il meritato riposo, si consiglia l’appena rinnovato The Stirling Hotel, appena fuori Adelaide, con vista sui vigneti e un’atmosfera elegante.

Adelaide, città dei motori

Eccovi finalmente nella piacevole Adelaide, frizzante città che ospita artisti ed eventi sportivi di primo piano, con una ordinata planimetria a scacchiera e le sue ampie strade che la rendono terreno ideale per gare automobilistiche di ogni tipo. Ogni anno in febbraio/marzo roboanti supercar V8 gareggiano sul circuito di fama internazionale realizzato nelle vie della città, per il principale evento automobilistico d’Australia, la Clipsal 500, che richiama oltre 250mila spettatori.. Mentre a settembre l’appuntamento è con le auto storiche pre-1990: il Classic Adelaide Rally, che ha come patron l’ex campione di Formula uno, australiano, Jack Brabham.

Da non perdere anche la Bay to Birdwood, una competizione tra auto d’epoca pre-1955 che si tiene ogni anno a settembre e che catalizza intere famiglie sul ciglio della strada, con cestino da picnic in mano in attesa di vedere sfilare questo magnifico serpentone di cimeli storici che parte da West Beach Road, la spiaggia di Adelaide, e dopo 72 km arriva al National Motor Museum, il museo nazionale che raccoglie una collezione di 400 automobili e motociclette conservate in perfetto stato, con sede a Birdwood, nell’entroterra della città punteggiato da vigneti. Tra le auto della collezione, molte Holden, la macchina simbolo dell’Australia, Ford e la Talbot 25 hp del 1908 che per prima attraversò da sud a nord il paese, da Adelaide a Darwin.

Se si passa di qua in un altro periodo o non si ha voglia di portarsi il cesto da picnic, per pranzo fate una deviazione per la tenuta The Lane, a Hahndorf, per piatti ricercati ma legati al territorio, naturalmente innaffiati con il vino della casa e una vista spettacolare sulle colline coltivate. Oppure mettete una coperta tra i vigneti di una delle cantine più rinomate d’Australia, Bird in Hand, che vi venderà cibo e vino per il vostro pregiato déjeuner sul l’herbe.

Per chi non sa resistere alla terra rossa

Siete in Australia e non potete tornare a casa senza esservi sporcati con la terra rossa dell’outback, il caratteristico territorio semi desertico al centro del continente australiano? Allora da Adelaide imboccate la Great Explorer’s Way (Stuart Highway) fino al Alice Springs. Sono 1500 km, quindi prendetevi del tempo. E noleggiate un fuoristrada, a questo punto necessario per non perdervi nulla, soprattutto il divertimento.

La prima tappa è Clare Valley, con i suoi vigneti, e si passa per Port Augusta, la porta di accesso alla frastagliata catena dei Flinders Ranges e all’outback. Dormite al Prairie Hotel, a Parachilna, che offre stanze di qualità e soprattutto un premiato ristorante specializzato nella cucina “feral food”, a base di cammello, bisonte, canguro ed emu. Da qui, non potete mancare la capitale dell’opale, pietra preziosa icona del Paese: a Coober Pedy si estrae il 95% di questa pietra e si può anche dormire in un hotel sotterraneo, come facevano i minatori per ripararsi dal caldo torrido. Fatelo anche voi al Desert Cave Hotel, dove lasciarsi andare naturalmente anche per uno shopping prezioso.

Fate una deviazione fino al Deserto dipinto (Painted Desert), con le sue scenografiche colline colorate formatesi grazie a un processo di erosione durato 80 milioni di anni. I colori giallo ocra, il rosso del ferro ossidato e un intenso marrone brillano alla luce del sole. In direzione nord, attraverso distese d’erba, tra regioni granitiche da un lato e il fiume Finke dall’altro, arriverete alla vostra meta, Alice Springs, il vero cuore dell’Australia, nato come stazione del telegrafo e oggi centro di cultura e arte aborigena. Dove termina il vostro viaggio, a meno che non vogliate trasferirvi qui. E la tentazione verrà.

Articolo scritto da: Samuela Urbini
Per vedere l’articolo sul viaggio in Australia pubblicato su Autocar di marzo 2010: Autocar marzo 2010_Australia

Ditelo coi fiordi: viaggio in Norvegia

16 Gen

Atlantic Road_Norvegia @Jamie Pérez

La Norvegia è uno degli stati più verdi e con un alto senso dell’ecologia al mondo e quindi l’automobile non è il mezzo di trasporto più utilizzato e incentivato. Nonostante questo, l’auto è sempre il mezzo migliore di godere dei meravigliosi paesaggi dei fiordi e per poter viaggiare in libertà, fermandosi ogni volta che verrete catturati da una delle mille attrazioni, naturalistiche ma non solo. Prendendo come punto di partenza la capitale Oslo, dunque, ben collegata alle principali città italiane, potete in breve tempo ritrovarvi nel bel mezzo del sistema di strade della Adventure Road, che collega la città alla bellissima Bergen, che si trova sulla costa occidentale dello stato, a circa 480 km di distanza da Oslo. L’Adventure road non è una sola strada, bensì un reticolo di percorsi che si sviluppa in un territorio di 15mila km² di vallate, montagne e morene formatesi durante l’Era Glaciale. Un saliscendi tra le foreste e l’acqua dei fiordi, che si addentrano come lingue nella terra, tra ghiacciai e cascate spettacolari, fino ad arrivare all’Hardangervidda, l’altopiano più esteso d’Europa, con un clima, una flora e una fauna artici.

La Adventure Road è anche il miglior modo per visitare alcuni dei siti dichiarati Patrimonio Universale dall’Unesco nella zona tra Oslo e Bergen, tra cui la chiesa Urnes, costruita intorno al 1130, la più antica in stile cristiano-vichingo, che coniuga crocifissi e decorazioni iconografiche a tema animale, visibile nel portone in legno e negli altri dettagli della facciata settentrionale. Un altro sito patrimonio dell’umanità è il Nærøyfjord, un braccio del più grande Sognefjord, considerato uno dei più belli del mondo perché nel tratto più stretto le sponde si trovano a soli 250 metri di distanza e sopra di esse si stagliano picchi che arrivano a 1500 metri. Un paesaggio che i Romantici avrebbero descritto come Sublime. E infine Bryggen, il quartiere più antico di Bergen, che si distende lungo il mare ed è caratterizzato da casette in legno dipinte con colori vivaci, costruite in linea, ricordo dell’appartenenza della città alla Lega Anseatica dal XIV al XVI secolo.

Dalla capitale alla valle Hallingdal

Partendo da Oslo e prendendo come destinazione Bergen, il modo più veloce per arrivarci in macchina è l’autostrada E16, che vi farà attraversare il tunnel più lungo del mondo. Emozione che, a parte verificare se soffrite di claustrofobia o meno, vi eviterete volentieri per lasciare spazio a un bellissimo viaggio panoramico tra le montagne e i fiordi. Tenendo conto che sulle strade secondarie terrete una velocità media di circa 50/60 all’ora (il limite è di 80 km/h sulle extraurbane,  nei centri abitati) e che vi verrà voglia di fare delle pause nei paesi più grandi, per ammirare qualche panorama e per provare qualcuna delle attività adrenaliniche che si possono scegliere in questa zona, il viaggio durerà circa una settimana.

pubblicato su Autocar lug/ago 2010

Da Oslo si parte prendendo l’autostrada E18 e, a Sandvika, si prende la E16, in direzione Hønefoss. Guidando in direzione nord, ben presto inizierete ad arrampicarvi sul passo Solihøgda dove, una volta oltrepassato, vi si aprirà una vista sui campi coltivati della piana di Ringerike, circondata dalle montagne. Arrivati a Hønefoss, lasciate finalmente l’autostrada per iniziare l’esplorazione da vicino di questi magnifici luoghi. Gol sarà la vostra prima meta. È la città principale della valle Hallingdal e si raggiunge prendendo la strada numero 7, indicata da cartelli quadrati a fondo bianco. Prima passerete però attraverso altri paesini, tra questi Flå, soli 1000 abitanti ma famoso per il suo Vassfaret Bear Park, uno zoo che mostra la fauna norvegese inserita nel suo ambiente naturale, compresi gli orsi, che qui sono protagonisti. Un’altra cinquantina di chilometri e sarete a Gol, un paesone di 4500 abitanti dove, per fare un piccola variazione sul tema “natura”, vi suggeriamo di farvi un giro sui quad o sulle moto del Gol Motorpark, oppure sui go-kart del Fuglehaugen Carting & Motorsenter, sempre vicino a Gol, per correre con vista sulle cime innevate.

Da qui partono diverse diramazioni della Adventure Road. Si può optare per esempio per quella che va verso nord e passa da Hemsedal, che arriva a Lærdalsøyri, un borgo affacciato sullo splendido Nærøyfjord e che, attraverso un tunnel, si ricollega a Flåm. Sul fiume Laerdal chi ha la passione per la pesca non può perdersi il Norsk Villakssenter, un centro che rende omaggio a due pesci-simbolo di questa terra, il salmone e la trota di mare, con un premiato documentario sulla loro vita e vasche per l’osservazione dei pesci da vicino. A Hemsedal potete persino nuotare con le trote con il Trout Safari, che vi fornisce muta, pinne e maschera e vi accompagna in un tour di due o tre ore nelle “fresche” acque dell’Hemsila. Qui val la pena fermarsi anche per provare la cucina del Fossheim Hotel, un ristorante tipico gestito dalla stessa famiglia da tre generazioni, che serve piatti della tradizione norvegese.

Evitando il tunnel che conduce a Flåm e prendendo la Aurland Road (n. 243), una stradina di montagna che conduce ad Aurland, passerete dal livello del mare a un’altitudine di 1.333 metri, dove troverete la neve anche in estate, motivo per cui la 243 è chiamata “Snow Road”. Fate una sosta nel punto panoramico di Stegastein, con una vista strepitosa sul fiordo dell’Aurland. È questa anche la strada delle cascate: tra Gol, Borgund e Lærdal (Rv52/E16) ne incontrerete ben quattro importanti: Hydnefossen, Rjukandefossen, Bergstølfossen e Sjurhaugfossen. Giunti a Flåm il paesino il cui nome significa “piccola distesa fra ripide montagne”, fate un giro sul Flåmsbana, il trenino che percorre un tratto tra pareti montagnose con un dislivello di ben 900 metri, passando attraverso una galleria a spirale nel cuore della montagna, che fa una fermata anche sotto scroscianti cascate.

Hardanger, un fiordo a frutti e fiori

Una seconda opzione, da Gol, è quella di raggiungere Flåm imboccando la strada che attraversa la Hallingsdal, passando per il parco nazionale Hallingskarvet, verso Al, che da Oslo dista 218 km. Da Flåm partono anche divertenti safari in gommone alla scoperta del Nærøyfjord da un altro punto di vista, quello marino, in cui potrete incontrare foche e aquile di mare (FjordSafari).

Da Al si dirama una terza opzione, la strada più a sud, quella che passa da Geilo e arriva a Eidfjord, che attraversa una zona con le meravigliose insenature dell’Hardangerfjorden. Indugiate in una breve deviazione verso l’aeroporto di Dagali per saggiare il Motor Center, il posto che fa per voi, perché vi farà provare tutte le emozioni su quattro ruote che volete: dai corsi su neve e ghiaccio, al fuoristrada, al go-kart. Fermatevi per una sosta culinaria con piatti del posto all’Hallingstuene di Geilo, che in estate serve solo insalata coltivata in loco, o al Sofia Cafès & Bar, specializzato in cucina tradizionale di ottima qualità. E poi tornate sulla via maestra, per fare conoscenza con il fiordo Hardanger.

Chi si aspetterebbe di trovare nel paese dei ghiacciai perenni, frutteti e vegetazione degni di un paradiso tropicale? Eppure capita anche questo, perché per le magie che la natura sa regalare agli uomini, la Corrente del Golfo, dal lontano Messico, arriva a mitigare anche questo lembo di Norvegia. E qui in maggio godrete delle fioriture degli alberi da frutta, mentre da luglio potrete mangiare deliziose mele, susine, ciliegie e pere. Qui è fortemente consigliata una sosta nelle aziende agricole, dove provare e comprare questi prodotti locali, come nella Steinstø Fruit Farm, dotata anche di ristorante, che produce tonnellate di questa frutta deliziosa. Per poi traghettarsi verso Bergen, la nostra tappa finale.

Se capitate a Lofthus, sull’Hardangerfjorden, dal 22 al 25 luglio, ci sarà la festa delle ciliegie. Per finire la giornata in bellezza, prenotate una cena al ristorante à la carte Zanoni, all’interno dell’Hotel Ullensvang, che prepara piatti norvegesi e altri con ispirazione italiana, di altissima qualità, serviti in un ambiente di rara bellezza, con vista sui fiordi e sui ghiacciai. E per restare in tema di fattorie, pernottate all’Utne Hotel, una delle più antiche affacciate sul fiordo Hardanger, da cui è stato ricavato questo hotel. Quando infine arriverete a Bergen, perla della costa occidentale, sarete nella città che per molto tempo è stata il cuore pulsante del commercio di merluzzo essiccato o salato, l’oro del Medioevo, il cui traffico si concentrava proprio qui. La seconda città della Norvegia, dopo Oslo, è piena di vita, a partire dal Fisketorvet, il mercato del pesce all’aperto, per arrivare alla classica birra in terrazza sul porto, di notte, o a uno dei numerosi concerti che nella stagione estiva ravvivano la città. Tutti da gustare, prima di fare ritorno a casa.

Articolo scritto da: Samuela Urbini
Per vedere l’articolo sul viaggio in Norvegia, pubblicato su Autocar luglio/agosto 2010: Autocar lugAgo 2010_Norvegia

Oman in 4×4

16 Gen

@Giulio Badini/I viaggi di Maurizio Levi

Magari siete tra quelli a cui è capitato di imbattersi in un documentario su un viaggio nel deserto e vi siete detti che la macchina in garage vi fa fare bella figura in giro, ma vuoi mettere una vacanza scapicollandosi su e giù dalle dune in 4×4? Oppure avete sempre voluto provare l’emozione del deserto, ma poi l’idea di giorni e giorni passati mangiando sabbia, con acqua razionata e splendide nottate sui materassini, sotto una tenda, vi ha fatto convenire che forse la vacanza non era quella dei vostri sogni. Di sicuro, quando pensate “deserto”, il grande Sahara balena alla vostra mente.

Ce n’è però un altro che vi ammalierà così come le dune dorate del Maghreb sanno fare, e che potete prendere in considerazione se desiderate un approccio light al fuoristrada duro e puro, perché in poche ore potete essere a fare il bagno in mare, o a visitare una città storica. Poco conosciuto dai più, ma già noto a chi le 4×4 le ha nel sangue: è il deserto multicolore dell’Oman. Il Sultanato è un luogo magico, crocevia tra la cultura araba e quella indiana, tanto che molti ristoranti sono gestiti da indiani, anche se, intorno a voi, potrete vedere uomini che indossano le tradizionali tuniche di cotone o lana chiara e donne velate.

Non solo dune

Aggrappato alla punta sud orientale della penisola arabica, vanta una storia millenaria dato che qui l’uomo si insediò già all’Età della Pietra, come provano i reperti archeologici che si possono visitare in varie zone del Paese. E ha una ricchezza naturale, oltre che culturale, ignota a molti, ma affascinante da scoprire: si va dal mare, bello, più bello di quello degli Emirati, e caldo, dove si fa il bagno quasi tutto l’anno, alle montagne alte tremila metri, attraversando vaste aree desertiche e oasi verdeggianti. Chi c’è stato, racconta di una proverbiale accoglienza fatta di sorrisi, lunghi racconti e inviti a fare due chiacchiere davanti a un caffè o a un tè. Ma non immaginatevi villaggi di beduini arretrati, o pericolosi assalti alla diligenza se deciderete di avventurarvi da soli in un tour su quattro ruote. Nel deserto non si va da soli per sicurezza, non per il pericolo dei furfanti. Non in Oman, almeno.

Dal 1970, infatti, il Sultanato è guidato dal Qabus Bin Said, figlio del precedente sultano oscurantista, ma soprattutto figlio intellettuale dei suoi studi in college britannici. Se vi siete mai domandati se potrebbe esistere un monarca assoluto illuminato, avete trovato la risposta. Sì, lui lo è e in patria è amatissimo. Perché? In 40 anni ha rivoluzionato il paese, facendone uno dei più progrediti ed equilibrati del Medioriente. Anche i villaggi sperduti tra le montagne hanno acqua, luce e scuole, le ragazze frequentano l’università e l’assistenza sanitaria è di alto livello. I monumenti sono stati restaurati, i parchi naturali curati, le strade della capitale Muscat sono più pulite di quelle di Zurigo e i beduini del deserto non rubano, perché viaggiano in Toyota.

Affidarsi a tour operator esperti

La macchina è dunque l’ideale per visitare questo paese grandi quasi come l’Italia. Se però è la prima volta o quasi che prendete in mano il volante di una 4×4 non per salire sui marciapiedi di Roma o Milano, ma per metterla davvero alla prova, o se semplicemente volete affinare la vostra tecnica di guida nel deserto, c’è un viaggio che fa per voi. E che non vi costringe a tour de force da 500 km al giorno, né a ritornare giovani marmotte, sempre che lo siate mai stati, nel tentativo di far stare in piedi una tenda nella sabbia. I Viaggi di Maurizio Levi (tel 02 34934528) è un operatore specializzato in tour di scoperta ed è stato tra i primi a proporre l’Oman.

Oman - da Autocar novembre 2010

Nel catalogo di quest’anno ha inserito Terra incognita, un itinerario di 9 giorni al volante di una Toyota Land Cruiser 4.200 cc a benzina ultimo modello, tra montagne, dune e oceano, con incluso un corso di guida fuoristrada. Il periodo migliore per andare in Oman va proprio da ottobre a maggio, evitando dunque i mesi più caldi. E questo programma mixa piacevolmente momenti di relax e visite culturali, a momenti più avventurosi, ma sempre assistiti, di guida nel deserto.

Da Muscat alle Wahiba Sands

Il primo giorno si vola fino a Muscat, la moderna capitale dell’Oman, si pernotta in un quattro stelle e il giorno successivo si ritirano le 4×4 per iniziare in tranquillità con una visita alla città, compresa la Grande Moschea, in marmo bianco con archi e minareti, l’unica in Oman accessibile anche ai non musulmani. Si imbocca quindi la spettacolare strada che porta all’interno del paese, attraverso le montagne dell’Hajar, con vette che toccano i 3000 metri. Qui inizia una tortuosa pista in salita che raggiunge un passo a 2050 metri sul livello del mare, dal quale si gode di una vista straordinaria.

Ridiscendendo, si passa per il villaggio di Al Hamra, con i suoi quartieri vecchi in cui ammirare l’architettura tradizionale delle case costruite in “banco”, argilla impastata con paglia. E si raggiunge in serata Nizwa, la città più spirituale dell’Oman, attraversando le ultimi propaggini delle montagne, dove si cena e si pernotta in hotel. Ristorati, si è pronti per ripartire il mattino successivo per un giro nel suo Forte e nel caratteristico souk, ristrutturato e molto ordinato rispetto ai souk del nord Africa. È il punto d’incontro degli abitanti delle montagne e qui è ancora facile incontrare uomini vestiti con la tradizionale tunica di cotone o lana grezza, il turbante e un appariscente coltello a lama ricurva (khanjar) alla vita.

Ma il pezzo forte arriva ora: si riparte in direzione Est per raggiungere le Wahiba Sands, la grande distesa di deserto sabbioso che occupa la parte orientale del paese, fino alla costa dell’oceano Indiano. Ci si inoltra poi per 40 km tra le dune rosse, per fermarsi a cenare e dormire sotto le stelle. O meglio, in campi mobili, con tende igloo e materassini in gommapiuma forniti dall’organizzazione. La cena sarà preparata da un cuoco locale, dunque dopo il tramonto si potrà pensare solo a godersi la pace.

E’ l’ora del deserto!

Giunti al quarto giorno si hanno davanti 140 km di deserto, caratterizzato da enormi dune di sabbia rossa, punteggiate da radi cespugli, che delimitano corridoi lungo i quali si viaggia. A volte i corridoi si chiudono ed è necessario scavalcare le creste sabbiose e, avvicinandosi alla costa, la sabbia diventa più gialla e le dune più alte. Il momento è propizio per il corso di guida in fuoristrada: un esperto accompagnatore italiano salirà a turno a bordo delle vetture e affiancherà il guidatore spiegando gli accorgimenti per affrontare le dune. Se ci si insabbia, si imparano i trucchi per uscirne sani e salvi, con le piastre, il traino con il cavo o la tecnica dello strappo, quando la situazione è proprio critica. Al tramonto, si rimonta il campo per cenare e dormire di nuovo en plein air, con altre spiegazioni sulle tecniche di guida.

Il quinto giorno ci si accontenta di 130 km, tra il deserto e la spiaggia con le sue distese di sale bianco, valloni e scarpate ricche di conchiglie, resti di antichi bacini marini, dove si metteranno alla prova le nozioni imparate il giorno precedente, ma in un ambiente differente: per capire meglio come si affronta una scarpata in salita e in discesa, l’avanzamento in un percorso roccioso, lo scavalcamento di colline. In pochi chilometri si arriverà poi nella splendida baia di Al Khaluf, con le sue dune di sabbia caraibica che si perdono nelle acque verdi-blu, maldiviane, dove si passerà la notte.

Il giorno dopo, tornando verso Nord, seguendo la costa dell’Oceano Indiano, si percorrono ancora decine di chilometri lungo spiagge deserte, in mezzo a miriadi di uccelli che si alzano in volo, piccoli villaggi di pescatori, rocce, dune, lagune, spiagge rosa per i frammenti delle conchiglie. E il penultimo giorno si affrontano altri 270 km di asfalto per raggiungere Sur, una cittadina dove visitare il quartiere dei pescatori di Ayala, ancora costruito in stile arabo con le piccole case bianche e i caratteristici portali in legno massiccio intarsiato e decorati con borchie. Vale la pena anche di soffermarsi per una visita alla fabbrica dei dhow, tipiche imbarcazioni in legno, senza l’uso di chiodi metallici, ancora oggi utilizzate dai pescatori e per piccoli commerci con i vicini Iran e Pakistan. A questo punto, sazi delle nuove capacità acquisite, siete pronti per il rientro in Italia, probabilmente con la voglia di prenotare subito un altro viaggio in 4×4 per testare le vostre abilità da fuoristradista.

Articolo scritto da: Samuela Urbini
Clicca qui per vedere il viaggio in Oman pubblicato su Autocar di novembre 2010: Autocar Viaggio Oman
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