Una mail per sostenere la legge sulle quote rosa

17 Feb

C’è una deputata del PDL, Lella Golfo che, nell’ambito di un governo che procede a rilento su molte questioni che riguardano il paese, è comunque riuscita a far passare alla Camera dei Deputati una legge bipartisan (a firma anche della deputata PD Alessia Mosca) sulle quote rosa, che prevede almeno il 30% di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate, nei collegi sindacali e nelle società municipalizzate, pena la decadenza dei consigli stessi.

pink panther - pantera rosa

Un'elegante pantera in rosa...

Una sanzione (la decadenza immediata dei Cda) che vari centri di potere, Confindustria, Abi (Associazione bancaria italiana) e Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) in prima linea, stanno apertamente e strenuamente contrastando, tentando di fare pressione sul Senato, dove 53 senatori hanno già presentato emendamenti che rischiano di annacquare, se non bloccare, la legge stessa nel suo iter parlamentare.

Qui sotto trovate qualche dato e qualche link per farvi un’idea sulla questione. Chi volesse sostenere Lella Golfo e questa legge può, come lei stessa ha invitato a fare, scrivere al presidente del Senato Renato Schifani (segreteriagabinettopresidente@senato.it) e al presidente della Commissione Finanze Mario Baldassarri (mario.baldassarri@senato.it) chiedendo che vigilino sul corretto svolgimento dei lavori parlamentari.

Potete copiare e incollare questo testo:

Onorevoli Presidenti del Senato e della Commissione Finanze,

come cittadino chiedo il vostro impegno nella vigilanza sul corretto svolgimento dei lavori parlamentari in merito alla Proposta di legge sulle quote di genere nei CdA, tenendoli al riparo da agenti esterni.

Cordiali saluti,

VOSTRA FIRMA

Oggetto della mail: legge sulle quote di genere nei Cda

Come sempre, sulla questione si può essere più o meno d’accordo. Una donna non è più intelligente o più preparata di un uomo solo per il fatto di essere “femmina”, chiaro. Ma guardiamoci intorno: abbiamo visto tante donne, negli ambienti più vari, avere i requisiti per essere più in alto dei loro direttori uomini. Ma non c’erano. E non è affatto detto che al loro posto avrebbero fatto meglio. Però è un diritto esserci, in quel posto. È solo una questione statistica: le donne non sono meglio degli uomini tout court, probabilmente però se non fossero ostacolate da un fattore culturale, nei posti di potere sarebbero sedute più o meno in numero equivalente agli uomini, dal momento che rappresentano circa il 50% della popolazione. Qui si sta chiedendo che le “signore” siedano nei Cda non per il 50%, ma almeno per il 30% dei loro componenti. Oggi siamo al 7,6%.

Questo vecchio retaggio culturale non è solo italiano, anche altri paesi l’hanno affrontato o lo stanno affrontando iniziando con l’introduzione di una legge. È successo in Norvegia nel 2003, e oggi le donne sono il 40% nei borad aziendali (come si legge in questo interessante articolo firmato da Valeria Panzironi su Il Sole 24 ore). L’ha imitata l’Olanda e, dal 2010, anche la Francia (40% di donne nei Cda delle grandi aziende entro 6 anni). In Germania ci stanno lavorando proprio in questo inizio d’anno e in Polonia sono partiti almeno dalle liste elettorali (che sarebbe già qualcosa), firmata a febbraio di quest’anno, che devono avere almeno il 35% di candidati donne.

Basta iniziare. Una mail non vi costa nulla, ma è un gesto civico contemporaneo e importante.

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