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Yoga for manager

21 Gen
by samuela urbini

Yoga per manager

Cos’hanno in comune Google, General Mills, Bmw, Deutsche Bank e Barclays? Sono tutte multinazionali e tutte hanno portato le discipline orientali in azienda per prendersi cura del benessere dei propri dirigenti e dipendenti. Si è infatti sviluppata da qualche anno negli Usa, in Inghilterra e anche in Germania la tendenza a introdurre yoga, tai chi e altre arti orientali nei corsi di formazione aziendale o come benefit per i propri dipendenti, perché si è scoperto che alleviano lo stress, la malattia del terzo millennio, da cui quasi nessuno è immune. E con la diminuzione dello stress, le persone si ammalano meno, diventano più produttive e collaborative. Alla General Mills, corporation cui fanno capo marchi come Häagen-Dazs, da 7 anni il martedì mattina è prassi aziendale il corso di meditazione e yoga. E in ogni building del quartier generale, in Minnesota, c’è una stanza attrezzata con cuscini da meditazione e tappetini yoga. A Mountain View, in California, nella sede centrale di Google, da anni si praticano yoga, meditazione e mindfulness (una tecnica che deriva dalla meditazione Vipassana buddista), come metodi efficaci per gestire lo stress, inseriti all’interno del programma “Search Inside Yourself”. Un’altra azienda americana, Aetna, ha realizzato una ricerca con la Duke University School of Medicine che ha rilevato come un’ora di yoga alla settimana abbia ridotto il livello di stress dei dipendenti di un terzo, abbassando altresì i costi aziendali per malattia. A Londra, seguono programmi di yoga anche i dipendenti di First Direct, Taj Hotels e della squadra di calcio West Ham United. In Germania spopolano altre discipline orientali, come il tai chi chuan e il qi gong di Awai Cheung, autore di bestseller e punto di riferimento per i manager teutonici che apprezzano i suoi programmi da fare in qualunque luogo, anche in pochissimo tempo: 5 o 10 minuti alla scrivania funzionano, sostiene il guru in giacca e cravatta. Se lo dice Awai… Che comunque è consulente di Bmw, Deutsche Bank, Deutsche Bahn e Vodafone D2, quindi qualcosa da insegnare ce l’ha senz’altro. C’è però chi ha un atteggiamento più scettico, come il medico sportivo e rettore dell’Università tedesca dello Sport di Colonia, Ingo Froboese, che avverte: «I lavoratori non devono aspettarsi troppo da cinque minuti di questi esercizi. Non basta inserirli nella propria routine quotidiana: queste attività hanno bisogno di spazio, tempo ed energia». Secondo il dottore, infatti, il business-yoga è solo l’ultima delle mode per uomini e donne in carriera. Una volta c’era la ginnastica da ufficio, ma «rispetto a ginnastica, yoga è un termine che suona meglio», puntualizza Froboese.

Perché fare Yoga

Perché praticare Yoga? Per non rimanere così!

Perché praticare Yoga? Per non rimanere così!

Ai neofiti, tutto questo appare un po’ New Age, è vero. Che sedendosi su un cuscino o un tappetino un’ora alla settimana uno possa sentirsi meno stressato sembra un’idea per figli dei fiori. Steve Jobs meditava regolarmente, era buddista zen ed era nota la sua capacità di avere una visione lucida su cosa fare e come: lui sosteneva che molto fosse dovuto alla sua pratica costante della meditazione. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che meditare riduce i livelli di cortisolo, un ormone correlato allo stress: quando il cortisolo si abbassa, la mente si calma e riesce a concentrarsi meglio sui compiti, prendere decisioni risulta più facile e la comunicazione con gli altri diventa più efficace.

Perché, dunque, fare yoga in ufficio? Chi passa tante ore alla scrivania incurva la colonna vertebrale e accumula tensioni nelle spalle e nella zona lombare e spesso respira in maniera incompleta. Anche una sola ora a settimana sarebbe una fonte di relax enorme. «Le persone si stupiscono di quanto sia importante respirare in maniera corretta e completa», aggiunge Denis Rizzo, coach e insegnante di yoga di Formenergy, che propone lo yoga in azienda abbinato al team coaching. «Acquisiscono una maggiore consapevolezza del proprio corpo e di quali siano i segnali e i sintomi dello stress e imparano metodi per poterlo attenuare. Molti ci hanno chiesto di continuare anche individualmente». Lo yoga non fa necessariamente amare il proprio lavoro, intendiamoci, né il proprio capo, ma li fa accettare per come sono, nei loro lati positivi e negativi. Perché l’insegnamento di tutte le pratiche che portano alla consapevolezza dell’individuo, yoga compreso, è che il mondo non può girare come diciamo noi. Neanche se ci arrabbiamo tantissimo. Dunque prima lo accettiamo, meglio stiamo.

E in Italia?

La tendenza che all’estero è già una realtà consolidata, in Italia muove i primi passi, ma se le mode qui arrivano con qualche anno di ritardo, si può prevedere che nei prossimi cinque anni ci sarà un grande sviluppo di queste attività tra le pareti aziendali. Da tre anni Formenergy propone lo yoga in azienda abbinato al team coaching. «In Amgen Dompè sono stati programmati incontri a cadenza mensile di un paio d’ore in pausa pranzo, con gruppi di 10/12 persone», continua Rizzo, responsabile del progetto yoga e benessere organizzativo. «Alla Barclays, invece, abbiamo effettuato interventi di un’intera giornata per gruppi di funzionari e manager. Con esercizi di yoga e successivi momenti di team coaching, in cui ogni persona ha potuto acquisire la consapevolezza dei propri livelli di stress, della differenza di rendimento tra una persona stressata e una no, della necessità di prevenire lo stress attraverso l’ascolto dei segnali dati dal corpo».

Le formule con cui viene proposto lo yoga in azienda sono diverse e vanno dalla lezione settimanale, allo stage intensivo di uno o più giorni. Yoga Corporate propone il Kundalini Yoga, che combina respirazione, meditazione e rilassamento e che lavora sul corpo attraverso i Kriya, sequenze di posture e movimenti connessi con particolari respirazioni. L’ideatore e responsabile Paolo Santacà spiega «Abbiamo lavorato per cinque anni per Quadrifor, l’istituto bilaterale per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario, che organizza corsi per i quadri aziendali e che per anni ha inserito lo yoga nei suoi programmi. Erano pianificati dieci incontri annuali in forma di workshop tematici, ai quali le varie aziende potevano iscriversi. Uno dei più richiesti è stato quello per il mal di schiena. Tra le altre grandi aziende con cui abbiamo lavorato c’è anche Adecco».

Ama lo yoga anche l’amministratore delegato di Venere.net Marco Bellacci che, insieme all’insegnante Gabriele Paoletti, fondatore della scuola Odaka di Roma, l’ha portato all’interno della sua azienda.

È sempre dall’iniziativa di una persona che si trova in posizione di potere che partono questi programmi innovativi: Betta Gobbi, titolare di Grivel, l’azienda valdostana di prodotti tecnici per la montagna, è anche insegnante di Yoga Kundalini. Ha scoperto questa disciplina 12 anni fa in un momento di stress personale e lavorativo acuto. E da allora non l’ha mai lasciata e, anzi, ha deciso di condividerla con chi fa la sua stessa vita, i manager. «La scorsa estate abbiamo proposto sessioni di yoga per manager a Sagron Mis, in Trentino, e da quest’autunno ho in programma di organizzare weekend a Courmayeur e Cortina. Ho preparato moduli depurati dagli aspetti orientaleggianti. Estrapolare la parte più performante e adatta ai manager è fondamentale, mi interessa che queste persone ne traggano dei vantaggi immediati». E di una cosa è convinta: «Se riuscissimo a creare manager più rilassati, il mondo sarebbe migliore».

DAvide Giansoldati e il suo Yoga della risata alla Zeta Service

DAvide Giansoldati e il suo Yoga della risata alla Zeta Service

Nel 2012 c’è stata anche l’esplosione dello Yoga della risata, che utilizza le pratiche della respirazione yoga unite ad altre atte a generare una risata stimolata che, come è stato scoperto da recenti studi, sulla mente ha gli stessi effetti di una risata spontanea. Davide Giansoldati, autore del libro Ho ho ha ha ha (Xenia) l’ha già portato in molte aziende e la formula varia da sessioni di 1 ora e mezza, a  workshop più approfonditi. «E’ una disciplina che va spiegata e fatta provare», spiega Giansoldati, «quindi per me sessioni di meno di un’ora non hanno senso. A meno che non siano settimanali o quotidiane, allora anche 15/20 minuti darebbero molti benefici».

Come attrezzarsi?

Per praticare yoga l’unico strumento necessario è un tappetino antiscivolo, che consente di fare anche posizioni più difficili in sicurezza. Si trovano mediamente a 20 euro sul mercato. Per il resto, abbigliamento comodo, un po’ elasticizzato perché non sia d’intralcio e nient’altro, perché si pratica a piedi nudi. Possono essere utili un cuscino e una coperta se si fa anche meditazione, o per stare più comodi in determinate posizioni nei primi tempi, in cui si è ancora un po’ rigidi.

Manager italiani che praticano

Sono molti anche i dirigenti italiani praticanti. Per esempio, Federico Hertel della Opus Proclama spa, che ha reso lo yoga una pratica quotidiana. Così come Oscar di Montigny, direttore marketing di Banca Mediolanum, che ogni giorno da 15 anni si dedica a tecniche di respirazione e meditazione. «E’ utile a molte cose, soprattutto a prendere consapevolezza del potenziale della propria sensibilità e ad aumentarla. Per il rispetto che ho per discipline come lo yoga, però, l’azienda non mi sembra ancora il contesto più adatto. Ma mi auguro che il trend prenda presto piede, seguendo quel concetto più olistico di benessere che riconosce la centralità dell’uomo in azienda. Con queste pratiche ho avuto molti benefici anche in ambito lavorativo, aiutano a gestire meglio le sollecitazioni a cui quotidianamente siamo sottoposti. Sul piano del corpo si ha un miglior utilizzo delle risorse energetiche, a livello mentale si è più lucidi,  intuitivi e risolutivi, e sul piano della relazione si riesce a sviluppare capacità nella mediazione. Per me questo è importante, dovendo coordinare più di 200 persone, il che mi fa essere un gestore tanto di relazioni, quanto di progetti». Brunello Cucinelli, imprenditore del cachemire, si dedica invece alla pratica dei Cinque tibetani, cinque esercizi da eseguire ogni giorno, in ripetizioni crescenti, che sarebbero una fonte di giovinezza. Lui sostiene di aver riacquistato 0,25 diottrie di vista, più capelli in testa e vigore sessuale. Detta così, Cinque tibetani per tutti!

 

Articolo scritto da: Samuela Urbini

Per vedere l’articolo su “Yoga e manager” pubblicato su Business People di dicembre 2012: Yoga e manager

Che cos’è lo Yoga?

12 Nov

yoga samuela urbiniCosa viene in mente quando si sente la parola Yoga? Un gruppo di donne che, dopo aver recitato dei misteriosi “Om”, assumono una sequenza di posizioni improbabili? Facendo un sondaggio tra i proprio conoscenti, è la risposta più accreditata. Al secondo posto si posiziona chi dice che “lo yoga è come lo stretching”, confondendo chi ha preso ispirazione da chi, dato che Bob Anderson, inventore di questa forma di allungamento muscolare, si ispirò proprio allo yoga quando auto-pubblicò il suo primo libro nel 1975. Seguono altri luoghi comuni come: lo yoga è una religione, un corso dove stai seduto in silenzio per un’ora, e così via. Alcune scuole di Yoga seguono riti che possono somigliare a una forma religiosa, con il canto di mantra che fanno spesso riferimento agli dei indù. Per alcuni in effetti lo Yoga è una religione, ma in occidente lo yoga è piuttosto una ricerca spirituale che va nella direzione della scoperta della propria essenza. Nel 90% delle scuole in cui entrerete, non troverete un gruppo religioso. Si tende a riassumere l’universo Yoga con il vocabolo “unione”, della coscienza individuale con la coscienza universale. Ovvero? Gli antichi yogi credevano che, per essere in armonia con se stesso e la natura, l’uomo avrebbe dovuto integrare corpo, mente e spirito. Affinché questi tre aspetti del sé fossero integrati, emozioni, azioni e intelletto dovevano essere in equilibrio. E per trovare questo equilibrio hanno creato un sistema composto da esercizi fisici (asana), esercizi di espansione del respiro/energia vitale (pranayama) e meditazione: i tre pilastri dello yoga.

Samuela Urbini yoga

Una pratica Yoga a Times Square – New York per celebrare il solstizio d’estate 2012. (courtesy EPA/JUSTIN LANE).

Una seduta di yoga dura in media un’ora o un’ora e mezza e segue un programma composto da esercizi di respirazione, asana (le posture fisiche che sono la parte più conosciuta dello yoga), rilassamento e, in alcuni casi, anche meditazione, anche se questa a volte è insegnata in lezioni separate, pur essendo parte integrante dello Yoga. Lo Yoga non è una ginnastica dolce, richiede volontà e impegno, ma quando lo sforzo è sincero, lo yoga ripaga. E i benefici si sentono fin dalla prima lezione. Due o tre sedute a settimana sono l’ideale per chi ha problemi specifici da risolvere, per interpretare lo yoga come terapia, ma anche una seduta a settimana può essere utile: è il minimo indispensabile per vedere i cambiamenti sul proprio corpo e sul proprio stato mentale ed emotivo.

Ma a cosa serve? Sul piano fisico, lo Yoga rende elastici i muscoli contratti, forti i muscoli indeboliti, riallinea la colonna vertebrale mobilizzandola in tutte le direzioni e facendole perdere i difetti posturali acquisiti col tempo, quindi riducendo o annullando i mal di schiena cronici. Molti studi hanno dimostrato che riequilibra il funzionamento dell’intestino, quindi serve a contrastare la stipsi, la sindrome del colon irritabile, l’aerofagia. È utile per chi soffre d’asma e, sul piano emotivo, allevia i disturbi d’ansia, l’insonnia, lo stress generalizzato. Ed è una disciplina complementare a qualsiasi altro sport, perché compensa le posture viziate dal gesto tecnico-sportivo. E infine, ultimo ma non meno importante, lo yoga fa dimagrire. Non è uno degli obiettivi della pratica, ma un effetto collaterale piacevole. Aiuta a eliminare la massa grassa per il tipo di movimento svolto e la maggior consapevolezza conduce di solito a uno stile di vita, e dunque anche alimentare, più sano che, unito all’attività fisica, porta a perdere peso. Uno studio scientifico svolto su un gruppo di insegnanti di yoga dall’Istituto di Esercizio Fisico e Attività sportiva dell’Università di Milano, coordinato dal professore Arsenio Veicsteinas, specialista in Cardiologia e Medicina dello Sport, ordinario di Fisiologia Umana e direttore dell’istituto, ha dimostrato che rispetto a quanti fanno una vita sedentaria, nelle persone che praticano Yoga da almeno quattro anni il grasso corporeo è ridotto del 40 per cento e la massa muscolare è aumentata del 30-40 per cento, le ossa sono più dense e la pressione sanguigna è più bassa. Esistono poi aspetti energetici e spirituali dello Yoga, che si apprendono di solito dopo un po’ di tempo necessario a sviluppare consapevolezza del corpo e del respiro.

Tutti possono praticarlo?

samuela urbini yoga teacher

Bette Calman è un’insegnante Yoga di 86 anni e guardate cosa fa! Una perfetta Bakasana, la posizione della gru/ corvo.

Chiunque può praticare yoga, a qualsiasi età, tenendo presente però i propri limiti e le proprie caratteristiche. Siamo esseri unici, quindi le fotografie delle asana sui libri, o le posizioni eseguite dagli insegnanti, devono essere interpretate come ispirazione e non come copia da imitare perfettamente. Con lo Yoga ci si può anche fare male e questo succede quando si pratica senza consapevolezza, cercando cioè di imitare determinate posizioni indipendentemente dai messaggi che il nostro corpo ci dà, sotto forma di dolore. Si può fare qualsiasi asana, ma solo se non si avverte un dolore acuto, momento in cui bisogna uscire dall’asana perché significa che per il corpo quella posizione è una richiesta troppo alta. È buona prassi in caso di disturbi cronici farsi dire dal medico quali movimenti sono da evitare e comunicarli all’insegnante prima di iniziare il corso, che ne terrà conto e vi dirà quali posizioni saltare.

Uno cento mille Yoga

Sono 20 milioni i praticanti di Yoga negli Stati Uniti, più di un milione anche in Italia. E centinaia le scuole sul nostro territorio, alle quali vanno aggiunti i corsi che si tengono in molte palestre di fitness. Ma lo Yoga è un universo variegato ed esistono molti stili di yoga, alcuni che puntano più sugli aspetti fisici, altri su quelli spirituali e meditativi, alcuni dinamici, altri statici. E all’interno dello stesso stile, ogni insegnante avrà il suo modo specifico di tenere la lezione. Non ne esiste uno migliore di un altro, il metodo più sicuro per scegliere è andare a provare una lezione, di solito gratuita la prima volta, valutare le differenze e gli effetti su di sé e poi iscriversi nella scuola che si sente più sulle proprie corde.

Gli indirizzi utili

La Yani è la Yoga associazione nazionale insegnanti, che si pone come garante della qualità della formazione degli insegnanti associati. www.yani.it, 02 8361288.

www.yoga.it è una fonte di informazioni piuttosto completa sui vari stili di yoga, i centri dove si insegna, gli insegnanti nella propria città e i principali seminari e stage.

La rivista di riferimento per lo Yoga è lo Yoga Journal americano (www.yogajournal.com), ma anche quello italiano ha un sito www.yogajournal.it con un’infinità di informazioni, sulle asana, le sequenze da provare, tutti gli aspetti della pratica, i benefici dello yoga per ogni categoria di persone, principianti, donne in menopausa e così via.

Yoga in carcere

Elena De Martin, insegnante di Ashtanga Vinyasa Yoga de La Yoga Shala di Milano.

Lo Yoga è entrato anche nelle carceri, prima quelle statunitensi e indiane, dove la pratica nelle case di detenzione è una realtà da molti anni, e da poco anche in Italia. Il carcere di Bollate (Mi) è stato uno dei primi a introdurre un corso di Ashtanga Vinyasa Yoga nel 2007. «Lo ha richiesto un detenuto», spiega Elena De Martin, insegnante di La Yoga Shala di Milano. «Una mia allieva di Yoga era un’insegnante della scuola superiore del carcere e un suo studente, Francesco, le ha parlato dello Yoga. Hanno scoperto di avere questa passione in comune e così lei mi ha chiesto se ero disponibile a fare delle lezioni in carcere. Così è nato il progetto che continua ancora oggi». Una lezione a settimana con 7/10 studenti in media, di cui 3 o 4 particolarmente dedicati e costanti. Come opera di volontariato, ovviamente. Elena De Martin ha portato in carcere anche due maestri di meditazione indiani, i suoi maestri, e poi altri insegnanti di Yoga internazionali. «I detenuti sono cresciuti per strada, a contatto con la violenza. Vedere 30 persone ad ascoltare dei maestri di yoga mi fa pensare che questi ragazzi hanno capito che possono scegliere anche un’altra via nella vita».

Articolo scritto da: Samuela Urbini

Per vedere l’articolo su “Che cos’è lo Yoga?” pubblicato su VIVERE IN ARMONIA di novembre 2012: Vivere in Armonia_novembre 2012

Il respiro degli Dei – Un viaggio alla scoperta dello yoga moderno

19 Apr

Il respiro degli Dèi è un film-documentario che vuole essere un viaggio alla scoperta dello yoga moderno, come recita il sottotitolo italiano. Come fa notare qualche puntiglioso alla fine del film durante il dibattito con il regista Jan Schmidt-Garre, lo yoga moderno non è solo quello del Sud dell’India, nato intorno alla figura di Sri Tirumalai Krishnamacharya, fondatore della prima Yogashala (scuola di yoga) a Mysore negli anni 30, per volere del Maharaja. Ma, come Schmidt-Garre sottolinea, senza l’opera di divulgazione dello yoga compiuta da Krishnamacharya (studiò l’inglese per poter comunicare anche con gli occidentali che si recavano da lui per imparare lo yoga), forse neanche gli altri stili e tradizioni dello yoga, oggi diffusi in Europa e negli Stati Uniti, sarebbero arrivati.

Un viaggio alla scoperta delle origini dello yoga moderno

La locandina del film Il respiro degli Dèi, di Jan Schmidt-Garre

È una tesi, è quella del regista, e dunque va accettata. Perché, mettendo da parte tutte le proprie convinzioni, le proprie conoscenze e studi, visto che si sta parlando di una materia in cui neanche la datazione dei libri classici è una certezza, ci si può godere un film sincero e onesto che, senza fronzoli e finte rappresentazioni dell’India (non si vedono splendidi tessuti di seta, incensi che bruciano ovunque e sale lucidate da poco, ma solo la cementificata Mysore, con il suo traffico chiassoso e il livello di pulizia medio in India, che non corrisponde certo a pavimenti splendenti), ci restituisce un’immagine viva dei guru più influenti del XX secolo. Dall’ancora vivente B.K.S. Iyengar, che si vede anche praticare yoga all’età di 88 anni, a Sri K. Pattabhi Jois, fondatore dell’Ashtanga Vinyasa Yoga, che ha lasciato il suo corpo durante le riprese del film. Si colgono la loro diversa personalità e il loro personale rapporto con il maestro Krishnamacharya, nonché le differenze nella pratica.

Lo proietta in esclusiva italiana lo Spazio Oberdan di Milano. Andatelo a vedere se praticate yoga, ovviamente, ma anche se avete qualche aspirazione di crescita spirituale e se desiderate passare un’ora e 40 minuti ammirando uomini (sì, sono guru, ma per uno che non li conosce “uomini” è sufficiente) che hanno dedicato la loro vita a un’attività apparentemente superflua e dalla dubbia utilità, che invece provata sul proprio corpo, mente e spirito, è la più bella attività che si possa fare: lo yoga.

La sinossi:

Stando alla tradizione indiana le origini dello yoga sono da attribuirsi al dio Shiva, ma pochi sanno che in realtà a dare forma a questa disciplina, portandola al successo, è stato negli anni Trenta il saggio Tirumalai Krishnamacharya. Per raccontare questa storia sconosciuta ai più il regista Jan Schmidt-Garre intraprende un viaggio in India alla scoperta di questa disciplina. Lungo il suo percorso giunge nella splendida reggia del Maharaja di Mysore, dove incontra alcuni tra i leggendari studenti del maestro Krishnamacharya. Qui il regista impara il saluto al sole direttamente da Pattabhi Jois e si fa rivelare da Sribhashyam, il figlio del grande saggio, la segreta “sessione salva-vita”.

Per info: http://oberdan.cinetecamilano.it

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