I 5 che temiamo di più
Insonnia, sindrome delle gambe senza riposo, insonnia paradosso, sonnambulismo, apnee notturne
«Dormiamoci su». È un buon proposito quando si affrontano questioni importanti e complesse la cui soluzione non è evidente. Parrebbe solo un modo di dire, ma come sempre dietro la saggezza popolare si nasconde una verità scientifica: se chiedete a più medici a cosa serve il sonno, otterrete risposte diverse, perché esattamente a cosa serva non si sa (ancora). Ma tutti concordano sul fatto che quando dormiamo il cervello svolga diverse attività, tra cui la riorganizzazione di dati, la memorizzazione e l’eliminazione delle informazioni ritenute superflue. Semplificando, è un po’ come se di giorno il cervello raccogliesse informazioni e di notte le riordinasse.
Sono tantissime, però, le persone che, pur non andando incontro ad allucinazioni o comportamenti psicotici come se non si dormisse mai, soffrono dei cosiddetti disturbi del sonno, difficoltà ad addormentarsi o ad avere un sonno ristoratore che si ripercuotono sull’attività diurna, rendendoli irritabili, generando un calo dell’umore e una difficile concentrazione, oltre che stanchezza. Con conseguenze che alla lunga si riflettono sull’intero organismo. L’indagine epidemiologica più completa condotta in Italia, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Sleep Medicine nel 2004 e nel 2006, è lo Studio Morfeo, che ha preso in esame un campione di oltre 3 mila pazienti di medici di base ai quali è stato fatto compilare un questionario. Rispondendo alle domande circa la qualità del loro sonno era emerso che il 64% soffriva di insonnia, il 20% di livello 1, ovvero senza conseguenze sulla qualità di vita diurna, e il 44% di livello 2, ovvero con disfunzioni diurne come difficoltà lavorative, di attenzione, di memoria. I pazienti con problemi di insonnia erano anche quelli che ricorrevano più spesso al medico, avevano più ricoveri e richiedevano una spesa sanitaria più alta per problemi diversi dall’insonnia. Perché è stato dimostrato che l’insonne cronico incorre in una serie di altre patologie anche serie.
C’è chi conta le pecorelle…
Oltre che sul sistema sanitario nazionale, però, l’insonnia pesa soprattutto sulla vita di chi ne soffre. Le cause possono essere molte e vanno dai disturbi psichici comuni, come la depressione o i disturbi d’ansia, a problemi neurologici meno frequenti, come la sindrome delle gambe senza riposo o la sindrome da alterata percezione del sonno, oppure può originare da alterazioni del ritmo sonno-veglia (per esempio chi lavora di notte o su turni) o da un’abitudine a essere attivi nelle ore notturne per motivi sociali (uscire con gli amici, discoteche, cinema, ecc.). Spesso l’insonnia è transitoria e psicofisiologica, ovvero non si dorme perché si è agitati per via di qualche evento particolare, per esempio un lutto. Questa può passare da sola, ma se trascurata può diventare cronica e durare anche mesi o anni. Anche la menopausa e la gravidanza, a causa dei forti cambiamenti ormonali, possono creare problemi di insonnia. «Quando la difficoltà ad addormentarsi o i risvegli notturni perdurano per più di una settimana, è il caso di rivolgersi al medico di famiglia», raccomanda il Lino Nobili, neurofisiopatologo, neuropsichiatra, responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale di Niguarda a Milano. «Se poi il paziente non risponde alla terapia, che è multidisciplinare e a seconda dei casi comprende farmaci, un aiuto psicologico e un miglioramento delle abitudini legate al sonno, allora è il caso di rivolgersi a centri specializzati per eseguire esami più approfonditi».
L’insonnia si manifesta in diversi modi: c’è chi impiega anche ore per addormentarsi, chi ci riesce ma si sveglia dopo poche ore e chi ha solo la percezione di non riuscire a chiudere occhio. «Esiste infatti l’insonnia paradosso, quella di chi ritiene di non dormire affatto o pochissimo, ma che quando viene sottoposto all’analisi del sonno (polisonnografia) in realtà si scopre che dorme. Il problema è piuttosto un disturbo della profondità del sonno, è come se mantenesse parte dell’attività cerebrale attiva anche quando dorme. Ma durante il giorno non ha sintomi da deprivazione di sonno».
Il dottor Nobili ci spiega anche un altro disturbo abbastanza diffuso, che ritarda l’addormentamento: la sindrome delle gambe senza riposo. «I pazienti accusano difficoltà ad addormentarsi a causa di un fastidio alle gambe, che si manifesta come un prurito, o come l’impossibilità di tener ferme le gambe. La causa non è chiara, ma ha un andamento circadiano, ovvero un ciclo che si compie in un periodo di circa 24 ore, con un picco del disturbo nelle ore serali, che si riduce durante la notte. I sintomi possono sorgere a qualsiasi età, esiste una certa familiarità e c’è una correlazione con la carenza di ferro. La cura è farmacologica».
Oltre all’insonnia, a colpire molte persone è anche la sonnolenza diurna, di cui i pazienti non capiscono l’origine, ma che spesso è dovuta a disturbi respiratori nel sonno, come la sindrome delle apnee notturne, estremamente frequente se si pensa che sopra i 50 anni colpisce circa il 20% della popolazione. Se non curate, oltre alla sonnolenza diurna possono creare ipertensione arteriosa e scompensi cardiaci, nei casi più gravi. Molti incidenti di auto sono dovuti alle conseguenze di questa sindrome.
Tra i disturbi più diffusi e che spaventano c’è anche il sonnambulismo: «è molto frequente, chi ne soffre ha un disturbo di dissociazione, di notte compie azioni, a volte bizzarre, e quando si sveglia non ricorda nulla. Questo perché una parte del cervello, quella che regola la capacità di muoversi ma che è anche legata alle emozioni più arcaiche, si sveglia, mentre altre parti, tra cui quella della coscienza del sé e l’ippocampo, che regola la memoria, permangono in uno stato di sonno profondo. Compare di norma per la prima volta tra i 4 e gli 8 anni, con un picco all’età di 12 e scompare da solo verso i 15 anni. Se gli episodi invece iniziano nell’età adulta e si protraggono nel tempo, possono esservi alterazioni psicopatologiche alla base». È vero che non bisogna svegliarli? «In realtà non si riesce a svegliare un sonnambulo. Si può cercare di interagire per riportarlo a letto, ma con dolcezza, perché per i motivi che abbiamo detto, se si spaventa potrebbe avere anche comportamenti violenti, di cui non è cosciente».
Quando l’età avanza…
In generale, i disturbi del sonno sono tanto più diffusi e gravi quanto più ci si inoltra nella vecchiaia. Lino Nobili conferma che sono più frequenti dopo i 50 anni, ma possono presentarsi a tutte le età. Come si legge nel libro Sonno e insonnia di Mario Barucci (Utet), quando si diventa anziani «si modifica l’architettura generale del sonno e si riduce progressivamente il sonno profondo. I risvegli, pertanto, diventano sempre più frequenti». Così gli anziani sono più portati a fare sonnellini diurni, un po’ come i bambini piccoli, solitamente non conteggiati nelle ore giornaliere dormite, ma che in realtà contano. Inoltre, «tutto questo porta a una desincronizzazione dei ritmi circadiani tra le varie funzioni vegetative, endocrine, ecc., cosa che provoca una soggettiva sensazione di sonno non ristoratore e stanchezza durante la veglia».
L’igiene del sonno in nove passi
Così come esiste l’igiene del corpo che va mantenuta con sane abitudini quotidiane, anche per il sonno esistono le giuste regole da adottare affinché sia ristoratore. Ecco le principali, redatte dal Centro specialistico di Medicina del sonno dell’Ospedale Niguarda di Milano.
1. Andare a letto e alzarsi sempre alla stessa ora
2. Andare a letto solo se si ha sonno; se non si riesce a dormire è meglio alzarsi, spostarsi in un’altra stanza e fare qualcosa di rilassante
3. Non usare il letto per guardare la tv, mangiare, lavorare o studiare
4. Ridurre i sonnellini o non effettuarne in orari troppo inoltrati nel pomeriggio: influenzano negativamente il sonno notturno
5. Evitare l’uso di caffeina, di alcol e di tabacco nelle ore serali
6. Fare esercizio fisico durante la giornata ma evitare quelli faticosi e le attività mentali più impegnative prima di coricarsi
7. Evitare che la stanza da letto sia troppo calda
8. Non dormire davanti al televisore prima di coricarsi
9. Non abusare di sonniferi
Per chi pensa di avere un disturbo
Chi pur essendo andato dal medico di base e aver seguito una terapia non ha risolto il suo problema, può rivolgersi ai centri specialistici di Medicina del sonno presenti su tutto il territorio italiano ed elencati sul sito dell’Associazione italiana Medicina del sonno (Aims): www.sonnomed.it. Sono 41 in tutta Italia e anche il vostro medico saprà indicarveli. Questi centri multidisciplinari coinvolgono diversi specialisti utili a formulare una giusta diagnosi e una cura appropriata: neurologi, psichiatri, psicologi, pneumologi, otorinolaringoiatri, chirurghi maxillo-facciali, odontoiatri e pediatri.
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